Contributi per sport dilettantistico e amatoriale

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Quando l’emergenza coronavirus sarà finita, quando torneremo ad uscire liberamente per le strade, molte cose cambieranno nella vita di tutti i giorni, molte abitudini saranno stravolte.

Ora siamo concentrati sulle risposte urgenti sanitarie da dare, su come limitare il rischio di contagio: fra qualche settimana vedremo le conseguenze drammatiche socio-economiche di una pandemia che ha pochi precedenti nella recente storia mondiale.

All’orizzonte si prospettano, senza fare i profeti di sventura ma semplicemente usando il cervello, distruzioni di attività, fallimenti, tanta gente senza lavoro, famiglie in grandi difficoltà, soprattutto quelle con persone deboli a carico.

Sarà una “bomba nucleare” che investirà anche il mondo sportivo.

Come ha detto il Presidente Nazionale del CSI Vittorio Bosio non possiamo “farci mettere al tappeto da un nemico silenzioso, invisibile e terribile come il Covid-19”.

Appena le istituzioni ce lo consentiranno saremo al nostro posto, a proporre sport educativo sui campi, nelle palestre, negli oratori.

Il CSI, l’ente di promozione sportiva più antico d’Italia, conta circa 1.300.000 tesserati in tutta Italia.

Un mondo di valori, esperienze, storia che dovrà essere supportato dal Governo in modo adeguato.  Decine di migliaia di piccole e piccolissime società rischieranno la chiusura.

Ci sono già e ci saranno in futuro problemi legati alla gestione degli impianti ma, come ricorda sempre il Presidente Nazionale del CSI Vittorio Bosio, a pagare le conseguenze dell’emergenza Covid-19 potrebbe essere soprattutto quel comparto di addetti ai lavori, perlopiù precari, che lavora in questo settore, e che  vengono pagati con compensi sportivi e che non hanno ammortizzatori sociali.

Questa esperienza drammatica che stiamo vivendo dovrà cambiare radicalmente anche il rapporto fra sport professionistico e sport dilettantistico e di base.

Il secondo è da sempre il sostenitore principale del primo e lo sarà ancora di più in futuro.

Chi compra un biglietto per andare allo stadio, chi si abbona per vedere partite in tv lo fa perché pratica o ha praticato uno sport.

Se distruggi la base, se neghi la possibilità a milioni di ragazzi di fare attività sportiva, distruggi questo legame, questa sorta di cordone ombelicale.

Lo sport di vertice non solo non sarà più seguito come prima ma rischia di “essere odiato”. I campioni, prima anche troppo idolatrati, corrono il rischio di essere visti come privilegiati nel senso più negativo del termine.

E’ anche per questo che da più parti arrivano richieste di “generosità” al calcio professionistico che, purtroppo, finora non ha dato segni di grande lungimiranza pensando solo alle proprie rivendicazioni.

A Genova il consigliere delegato allo sport Anzalone ha inviato una lettera a Genoa e Sampdoria chiedendo di aiutare le società minori in difficoltà: solo nella nostra città sono 1100 con dietro lavoratori, fornitori, manutentori e soprattutto migliaia di ragazzi.

Il Comune di Genova ha intanto già deciso di cancellargli un trimestre di canone, operazione da 150.000 euro. Si cercano anche risorse per un bando a fondo perduto, 300.000 euro, per sostenerle economicamente.

Le società sportive costituiscono un presidio sociale del territorio che non possiamo permetterci il lusso di perdere.

 

 

 


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