Gli E-Sports non sono da demonizzare

Condividi su...

Una recente indagine dell’Associazione Club Europei ha rivelato che soltanto il 37 % dei ragazzi fra i 16 e i 24 anni segue il calcio ,mentre il 40% ha detto di non esserne affatto interessato.

Un disamore che riguarda sia la “componente tifo, sia la pratica di questo sport.

Per provare di nuovo a farli appassionare quest’anno è iniziato il primo torneo di eSerie A Tim: la “e” significa elettronico.

Le partite si giocano alla consolle e parecchie squadre, Milan, Inter, Juventus, Udinese, Sampdoria, Cagliari, solo per citarne qualcuna, hanno messo sotto contratto i campioni del joypad per contendersi lo scudetto sulla PlayStation 4, nelle versioni Fifa 21 e Konami eFootball PES 2021.

L’Atalanta utilizza la stessa strategia del calcio reale con scouting alla ricerca dei giovani più promettenti.

In Italia attualmente si stimano circa 25 milioni di utenti sulle varie piattaforme e oltre 70.000 giocatori agonisti.

Anche per un Ente di Promozione Sportiva come il CSI questo “nuovo mondo” deve essere esplorato senza mai metterlo in “competizione” con quello dei campi di gioco dove si sente il rumore del rimbalzo di un pallone.

Nel 2018  si svolse a Roma un interessante convegno durante il quale emerse con chiarezza la posizione della CEI: desiderio di conoscere gli esports senza alcun pregiudizio.

I videogiochi, si disse, non devono alimentare la passione per la guerra e per la violenza ma creare alleanze.

Se si vuole fare educazione attraverso lo sport non si possono trascurare questi strumenti digitali.

Da alcuni alcuni mesi il Centro Sportivo Italiano è entrato a far parte dell’Osservatorio Italiano Esports  per aumentare il proprio know-how in materia di videogiochi competitivi.

L’alleanza fra sport tradizionale e virtuale non potrà che portare benefici ad entrambi.

Alcuni comitati territoriali del CSI hanno approfittato del lockdown della scorsa primavera per organizzare, quasi “in punta  di piedi per paura di chissà che cosa” i primi tornei.

L’obbiettivo era quello di trovare un modo nuovo di fare sport e soprattutto di restare uniti: i risultati sono stati estremamente incoraggianti.

Le partite virtuali mantengono infatti una fortissima componente emotiva ed hanno parecchi legami con “la vita vera”: evidenziano molti aspetti del carattere di una persona.

Per trovare la concentrazione i giocatori spesso devono fare un vero e proprio training fisico e mentale.

Gli incontri, in mancanza di genitori, giudici ed arbitri, sono contraddistinti da grande sportività e da bellissimi rapporti fra i ragazzi che vanno ben oltre la voglia di vincere.

“Il CSI, da sempre attento alla crescita e ai bisogni delle giovani generazioni- dice il Presidente nazionale Vittorio Bosio io- ha cercato di cogliere i molti aspetti positivi degli esports considerandoli uno strumento di socializzazione che ha il potere di abbattere le barriere di differenze di genere, età, disabilità. Siamo sempre stati recettivi, nei 76 anni della nostra storia, a tutte le sfide, anche quelle tecnologiche”.

E stato scoperto un piccolo universo che il CSI, nel solco della sua storia, ha il dovere di vivere in modo consapevole con pianificazione, organizzazione e coraggio.

Lo sport virtuale non è cosa fredda perchè genera sempre, soprattutto nei ragazzi, emozioni.

Non è e non sarai mai l’alternativa allo sport reale, dove si corre e ci si abbraccia, ma non deve essere neanche demonizzato: lo sport elettronico, ben regolamentato, è un altro asset educativo che offriamo ai nostri milioni di tesserati.

 


Condividi su...