Più tutele per gli oratori

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Seconda audizione nel giro di pochi giorni alla Commissione Cultura della Camera di Vittorio Bosio, presidente nazionale del CSI.

Si è parlato ancora una volta dei temi riguardanti la riforma dello sport, in particolare dell’articolo 1 del decreto, l’unico non approvato, relativo alla governance del settore, con la suddivisione di oneri e “onori”.

“ I decreti rischiano di minare dalle fondamenta un sistema che, senza opportune correzioni potrebbe implodere- dice Vittorio Bosio-. Nell’ambito del registro delle ASD bisognerebbe istituire una sezione speciale riservata ad alcune forme di aggregazione sportiva, prevalentemente rivolte all’educazione dei giovani come le parrocchie e gli oratori, ad oggi assenti”.

Al comitato di Genova del CSI sono affiliate 67 parrocchie: non tutte riescono a fare attività sportiva in modo continuativo ma si tratta comunque di un numero significativo.

Nell’immediato dopoguerra il Card. Giuseppe Siri aveva capito l’importanza dell’educazione dei ragazzi attraverso lo sport e favorì la costruzione di decine e decine di campetti.

Il mondo è profondamente cambiato, e gli oratori dei decenni scorsi, quantitativamente, sono solo un ricordo.

Restano però realtà significative, anche a Genova, sul territorio, nei quartieri: presidi importantissimi di vera accoglienza ed inclusione.

Il Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche ha, dalla sua nascita fino ad oggi, mostrato parecchi limiti, ostacoli tecnici e burocratici senza mai tutelare davvero quelle realtà che non perseguono fini di lucro.

Per come è concepito il Registro mette in difficoltà le realtà più piccole, compresi i gruppi sportivi scolastici, che fanno attività di base e sono diffuse capillarmente sul territorio, ma è gestibile meglio dalle società più grandi e da quelle di capitali.

Queste piccole realtà risultano escluse dal Registro perché il legale rappresentante non è eletto ma designato su nomina dell’autorità religiosa (per i parroci o i direttori degli oratori) e civile (per i dirigenti scolastici).

Ogni volta che viene pubblicato un bando pubblico, locale o nazionale, per il sostegno del disagio giovanile attraverso lo sport, paradossalmente vengono escluse proprio quei soggetti che ne fanno da sempre una missione sociale.

In tempi di Covid poi queste realtà non hanno beneficiato di nessun ristoro: paradossalmente sono proprio quei luoghi dove si cerca l’equilibrio  fra tutela della salute e l‘esigenza dei giovani di giocare.

L’età più bella, quella della gioia, del divertimento, del rapporto con i coetanei, rischia di essere ingabbiata con possibili conseguenze negative per il futuro dei ragazzi.

L’effetto del lockdown ad esempio, secondo recenti ricerche, avrebbe aumentato del 30%, nei primi sei mesi del 2000, i casi di disturbi alimentari, bulimia ed anoressia, fra gli under 14, soprattutto maschi.

Dato particolarmente preoccupante è che nei centri specializzati vengono ricoverati bambini di 11-12 anni.

Sono patologie che nascono da profondi disagi interiori che si acuiscono in questo drammatico momento storico.

“ Non è possibile immaginare lo sport pensando solo ai grandi centri, alle multinazionali del fitness, ai campionati ed eventi agonistici- dice Vittorio Bosio– che hanno specifiche caratteristiche e meriterebbero anche una normativa propria. Esiste un’attività di prossimità, nei quartieri, nelle palestre scolastiche negli oratori che è mossa da logiche diverse e che merita di essere salvaguardata e tutelato. Uno sport povero economicamente ma ricco di qualità e nello spirito delle tante persone che lo promuovono”.

 

 


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