Società sportive in difficoltà

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Dopo il report sui collaboratori sportivi la società Sport e Salute(ex CONI Servizi) fa una radiografia del mondo delle ASD  ed SSD, con le  enormi difficoltà economiche affrontate nell’ultimo anni a causa della pandemia, e con i tanti dubbi sulle  prospettive future.

Il focus è stato realizzato analizzando circa 35.000 associazioni diffuse capillarmente sul territorio che rappresentano  davvero lo sport di base.

E’ di circa 2 miliardi di euro la perdita economica per un settore che rappresenta un asset di fondamentale importanza per la vita del nostro Paese.

Sono circa 200.000 i professionisti, tecnici, allenatori, istruttori, personale amministrativo, che ha perso il lavoro o lo ha visto il proprio reddito fortemente ridotto.

Ben il 42%  delle società teme di dover interrompere l’attività entro il 2021, un quarto di dover mandare via il 50% dei collaboratori.

Sono rimaste senza fondi, con ristori poco più che simbolici, con pochi iscritti perché tante persone, non avendo date certe sulla ripresa, hanno disdetto .

Nel Decreto  “Sostegni” del 19 marzo non sono previsti contributi a fondo perduto per le ASD prive di partita IVA.

E’ una penalizzazione eccessiva ed un disconoscimento del servizio sociale svolto dalle associazioni sportive. Si premiano, nella sostanza, solo quelle che esercitano anche attività commerciali quali sponsorizzazioni, gestione di bar e punti di ristoro, affitto campi a soggetti diversi da associati/tesserati.

Sembra una contraddizione della logica stessa di sostegno.

Per le società sportive le spese, contratti di locazione ed utenze, sono rimaste le stesse pur con qualche possibile piccola dilazione dei termini di pagamento.

Una piscina chiusa costa mediamente  dai 10 ai 20.000 euro al mese.

Gli investimenti molto onerosi, dai 20 ai 40.000 euro, fatti nei mesi scorsi per adeguare le strutture sportive ai protocolli Covid sono risultati inutili, se non addirittura beffardi.

Le norme cambiavano e “l’asticella della sicurezza” veniva posta sempre più in alto.

Le società quindi sono rimaste letteralmente senza “l’ossigeno per respirare”.

A febbraio, secondo il report di Sport e Salute, il 56 % delle strutture erano chiuse e l’8 % di queste hanno tirato giù definitivamente le saracinesche.

Solo il 2 % aveva ripreso la propria attività grazie, all’83%, alla presenza di   atleti di interesse nazionale, un settore di nicchia.

L’assessore regionale allo sport Simona Ferro con una lettera- appello al presidente della Conferenza Stato-Regioni Massimiliano Fedriga chiede che le attività riprendano entro il 15 maggio.

Tutti attendono una svolta, novità importanti, anche alla luce di chiare evidenze scientifiche.

E’ ormai accertato che all’aperto si registra un contagio di Covid su mille.

Dal punto di vista dell’opportunità politica poi non sarebbe semplice  consentire che 18.000 spettatori possano assistere ad una partita dei campionati europei di calcio a Roma e “tenere ancora chiuso” lo sport di base.

Intanto qualcosa si muove a livello locale per sostenere le società.

Sarà ripubblicato entro giugno il bando regionale per i kit di sanificazione delle strutture e per fornire i presidi necessari per garantire le norme di sicurezza.

Fra le altre iniziative, pensate più per gli utenti, ci sarà la possibilità, per chi conferisce la plastica nei 13 raccoglitori presenti a Genova, di poter utilizzare bonus e sconti per l’accesso agli impianti sportivi

Milioni fra bambini e ragazzi da più di un anno sono rimasti senza la possibilità di fare sport con le prevedibili conseguenze negative per la loro salute psico-fisica.

Il timore è che ci si abitui addirittura  a ”non muoversi più”: dopo il primo lockdown il 58% degli italiani si era mantenuto in attività, ora sembra prevalere lo scoramento e la pigrizia.


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