Un calcio sempre più…” malato”

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Il calcio giovanile in Italia coinvolge più di un milione di tesserati per 11.282 società: 675.832 quelli del  settore giovanile e scolastico, solo uno su 2.358 diventa professionista, lo 0.04%.

Si tratta di una percentuale risibile che dovrebbe far riflettere soprattutto i genitori convinti di avere in casa un futuro campione al quale il destino cinico e baro, allenatori incompetenti, tarpano la ali verso un giusto successo.

Sono quelli che negli Stati Uniti alcuni sociologi definiscono “madri e padri spazzaneve”: si mettono sempre un passo avanti i figli, togliendoli problematiche, ansie e preoccupazioni, esaltandoli come “i migliori”.

Mediamente spendono 600 euro all’anno per iscriverli alle scuole calcio, il kit si paga a parte, inseguendo un sogno che è in realtà chimera.

Un terzo dell’introito complessivo del calcio italiano, 3 miliardi di euro all’anno, arriva da questo settore.

Loro, i genitori, negano, anche un po’ scandalizzati, dicendo che “l’importante è che i ragazzi giochino, facciano amicizie e si divertano”: basta frequentare un campo e sentire cosa troppe volte viene detto dagli spalti, non solo nei confronti dell’arbitro, per rendersi conto della triste realtà.

Il Centro Sportivo Italiano da molti anni propone un modello diverso, caratterizzato da inclusione e partecipazione, senza demonizzare un sano agonismo, che aiuta a crescere, gestendo sconfitte e vittorie con maturità, intelligenza e consapevolezza.

Un format che piace ai dirigenti più avveduti di società che condividono determinati valori ma che viene guardato con sospetto da parte di chi ritiene che “il calcio vero sia solo quello federale“.

Il copione è a questo punto il solito: i genitori “costringono”, con il ricatto di non pagare le quote, a partecipare solo ai campionati FIGC, dopo le prime sconfitte per 10, 15-20 a zero sopraggiunge sconforto, delusione ed abbandono.

Il livello dei campionati del Centro Sportivo Italiano è innegabile che sia inferiore a quello della federazione: con un po’ di buon senso però, senza mandarli allo sbaraglio, i ragazzi che “devono ancora crescere “potrebbero acquisire esperienza e tecnica per fare lo step successivo, divertendosi.

Il modello CSI va comunque sempre difeso: anche nel nostro mondo purtroppo si verificano, poche volte finora per fortuna, situazioni disdicevoli e censurabili.

Nei giorni scorsi ho assistito ad una manifestazione di calcio femminile con frasi un po’ sopra le righe dette da alcuni genitori in tribuna: con grande fatica poi ho convinto, fra una gara e l’altra, tutte le squadre partecipanti all’evento a fare una foto, mischiate ed abbracciate fra di loro, indipendentemente dalla maglia. Alcune erano recalcitranti e piangenti perché avevano appena perso ai rigori!

Il CSI, fino all’inizio degli anni 70, era “la cornice” principale degli sport più popolari del nostro Paese, calcio in primis, in Italia.

Grandissimi campioni, Mazzola, Rivera, Riva, Boninsegna, solo per citarne quattro, sono cresciuti negli oratori, su campetti sghembi, irregolari, in cemento, dove si affinava la tecnica individuale.

Recentemente l’allenatore della nazionale azzurra ha ricordato l’importanza di questi luoghi di aggregazione “Se mancano i talenti la causa principale è la chiusura degli oratori. I ragazzi passano meno tempo a giocare in strada- ha detto Rino Gattuso-e preferiscono i cellulari mentre le madri hanno paura a mandarli fuori a causa dei pericoli”

Durante l’evento conclusivo per la celebrazione dell’80° anniversario di fondazione del CSI il Ministro per lo Sport e per i Giovani Andrea Abodi ha annunciato lo stanziamento di 50 milioni di euro per gli oratori.

Una cosa lodevole ma, realisticamente , una goccia nel mare della necessità.

Rimpiangere   “il bel tempo antico” è a volte solo uno stucchevole esercizio di nostalgia: occorre confrontarsi con il presente.

Tornare a giocare sull’asfalto nell’era dei campi in sintetico, più simili a “panni del Subbuteo”, è impossibile: l’obbiettivo è quello di fare in modo che tecnici sempre più preparati, il confronto con il resto del mondo è imbarazzante, formino in modo adeguato i giovani calciatori e che, in ambito CSI, ci siano soprattutto figure di allenatore- educatore, secondo il DNA dell’ente di promozione sportiva più antico d’Italia.

 

 

 

 

 

 


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