Una sosta per riflettere

Condividi su...

Anche a Genova il CSI, in contatto con le autorità competenti ed in ottemperanza al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4 Marzo 2020, ha sospeso tutte le competizioni ufficiali per l’emergenza coronavirus: l’auspicio è quello di tornare alla normalità il prima possibile.
Questo stop, scaturito da decisioni che sono state prese per il bene pubblico, una cosa molto più ampia ed importante del nostro “piccolo mondo sportivo”, rappresenta anche una grande occasione di riflessione.
“La paura si presenta sulla scena della vita con il volto del rischio: rischio di fallire, di sbagliare, di perdere, di ammalarsi, di morire, di contagiarsi- dice Don Alessio Albertini Assistente Ecclesiastico Nazionale CSI- Ora che il Covid-19 è arrivato fra di noi a limitare le nostre libertà ci sentiamo più fragili ed indifesi. Lo sport, da sano divertimento, diventa addirittura una minaccia alla collettività”.
L’auspicio è che questa sospensione possa farci ritrovare ed apprezzare ancora di più il significato più bello dello stare insieme agli altri. Il virus ha allontanato i ragazzi da altri ragazzi, ha impedito loro di giocare insieme. Privati per qualche giorno della loro squadra, ma anche dell’interazione con i compagni di scuola, hanno rinunciato a qualcosa per sentirsi parte, si spera, di una comunità più ampia.
“Questo stop- sottolinea ancora Don Alessio Albertini- è un’occasione per farsi davvero carico della vita di tanti altri uomini, un’opportunità per riscoprire un’appartenenza che troppo spesso dimentichiamo, che non possiamo rinnegare e che gradualmente rifacciamo nostra, magari anche con una preghiera”.
Una sospensione utile per reagire, rientrando in noi stessi, per sottrarsi ai vincoli esterni. “L’ex allenatore del Liverpool Bill Shankly disse che alcune persone pensano che il calcio sia questione di vita o di morte, ma secondo lui è molto di più- ricorda ancora Don Alessio Albertini-. Una frase forse esagerata che contiene una terribile verità, che tutto possa finire male”.
Questa blocco delle competizioni sportive potrebbe avere anche qualche significato benefico.
Per scendere più “laicamente” nel concreto, il coronavirus non servirà forse a migliorarci nel nostro approccio, ad esempio, alla sanità?
I Pronto Soccorso degli Ospedali genovesi hanno fatto registrare in questi giorni un calo drastico degli accessi, soprattutto i codici verdi, azzerati i codici bianchi: questo significa che solitamente ce ne sono tantissimi che sono inappropriati. E’ la prova, ce ne fosse stato ancora bisogno, che utilizziamo i “presidi d’emergenza” male e in modo troppo egoistico.
Un altro aspetto che potrebbe risultare benefico è quello relativo alla cura dell’igiene personale e della prevenzione. Da giorni tutti i mass media ci “martellano” con consigli, più o meno “minacciosi”, su cosa fare e non fare per evitare il possibile contagio.
E’ consolante vedere nei reparti ospedalieri il personale e i visitatori che più volte, quasi in modo parossistico, si disinfettano le mani, mentre fino a venti giorni fa erano in pochissimi a farlo: non è un caso che in Italia ci sia il record di infezioni ospedaliere dei Paesi occidentali .
Il CSI coinvolge soprattutto i giovani con le proprie attività e quindi, anche per l’emergenza coronavirus, non può sottrarsi al suo fondamentale ruolo educativo.
E’ da condividere in toto il documento della Federazione Medico Sportiva Italiana che ha diramato alcune semplici norme per limitare il rischio del contagio da Covid-19: in realtà potranno rimanere sempre” buone pratiche utili” anche quando questa emergenza, si spera il prima possibile, finirà.
Norme che dovrebbero seguire atleti, allenatori, dirigenti, accompagnatori, arbitri, custodi degli impianti e spettatori.
Si va dal lavarsi le mani accuratamente il più spesso possibile al non bere dalla stessa bottiglietta, borraccia o bicchiere, né in allenamento né in gara/partita.
Bisogna evitare di consumare cibo negli spogliatoi ed occorre mettere oggetti personali ed indumenti nelle borse e non lasciarli in disordine; buttare subito negli appositi contenitori fazzoletti usati o cerotti, garze e bende.
Sarebbe meglio evitare di toccarsi bocca, naso ed orecchie con le mani non lavate; quando si starnutisce e tossisce, bisogna farlo coprendosi con un fazzoletto o con il braccio.
Una buona regola è quella di arieggiare i locali frequentemente e disinfettare periodicamente panche, tavoli, sedie.
Se si nota qualche persona con sintomi di crisi respiratoria e/o febbre la si invita subito a lasciare i locali e si telefona al 112 o 1500.
Ci si informa se qualche atleta o esponente della società ha avuto contatti in prima persona o in ambito familiare con persone provenienti dalla Cina o da altre zone a rischio o in quarantena.
Come si vede da un problema, che non deve creare allarmismo ansiogeno, possono nascere anche delle opportunità per migliorare la nostra vita e i rapporti con gli altri all’insegna della civiltà, del rispetto di noi stessi e di chi è vicino a noi.

 

© Francesco Piccone


Condividi su...